Brexit, la voce dei ricercatori da Italia a Gb:
Brexit, la voce dei ricercatori da Italia a Gb: "La scienza non ha confini"

Veronesi: "Sul sistema della conoscenza non credo che questo risultato avrà un impatto dirompente" 

. Per l'oncologo

nemmeno la

potrà alzare un muro nel dialogo e nella collaborazione fra i ricercatori: "Sul sistema della conoscenza non credo che questo risultato avrà un impatto dirompente", dichiara all'AdnKronos Salute dopo la vittoria del 'Leave' al referendum sull'uscita della Gran Bretagna dall'Ue.

Il fondatore dell'Istituto europeo di oncologia di Milano fa un'altra riflessione: "Va considerato - osserva - che anche dal punto di vista scientifico l'Inghilterra ha sempre mantenuto una politica isolazionista. Ad esempio - precisa l'ex ministro della Sanità - nel mondo della ricerca è noto che gli inglesi tendono a condurre i loro studi all'interno del Paese, nonché a sviluppare politiche sanitarie 'calibrate' sulle caratteristiche della popolazione di origine britannica".

Anche per questo lo scienziato non prevede che la Brexit si tradurrà in uno tsunami per il settore. L'idea è che sarà più uno scossone di un terremoto. "Sono

, anche se - conclude Veronesi - potrebbe succedere che

che attualmente hanno sede a Londra, per esempio l'

, dovranno

".

nemmeno da vista chi la Brexit la sta vivendo Oltremanica. Alla vigilia del referendum "c'era una preoccupazione che purtroppo si è rivelata fondata - racconta all'AdnKronos Salute

, 63 anni,

super esperto di staminali in forze all'

- Ma proprio ieri ero insieme a un collega italiano e a uno tedesco e la convinzione era che di pochi punti si sarebbe rimasti dentro l'Ue". Una convinzione supportata anche dall'esito dei primi opinion poll usciti alla chiusura dei seggi, che davano in vantaggio il 'Remain'. Poi la doccia fredda.

"Al momento ci si ride sopra. Stamattina - ironizza Cossu, durante la pausa da un meeting al quale sta partecipando - non sono venuti a cercarci a casa. Ma la prossima settimana vado in Italia e al ritorno vediamo se riesco a rientrare". Scherzi a parte, però, all'alba del 'day after' in cui lo spettro della Brexit è diventato più concreto, l'unico sentimento che regna in ambienti scientifici è il dubbio e la confusione. "Inutile piangere su latte versato, ormai è fatta - si dice Cossu - e

". Soprattutto sui cervelli stranieri in Gb.

"A noi dell'ateneo di Manchester è arrivata una lettera della rettrice che ci rassicurava. Ne ho ricevuta una anche dall'Academy of Medical Sciences che assicurava ai membri stranieri che avrebbero fatto tutto ciò che era in loro potere perché nulla cambiasse. Le autorità della scienza e le università sono preoccupate". E non erano a favore del 'Leave'. "E' chiaro che l'ambiente universitario non è indicativo del Paese in generale, ma qui gli scienziati erano tutti al 100% per rimanere in Europa. Non ne ho incontrato uno a favore del Leave. Ora sono tutti afflitti dall'ipotesi dell'uscita, ma non cambia molto cose".

Dopodiché, riflette Cossu, "la scienza è mondiale, non ha confini e barriere, e non credo che saremo deportati, come diciamo scherzando fra di noi". Ma

. Dal punto di vista di un camice bianco, in primis riguardano

. "E' anche pensabile che il governo inglese stabilisca un accordo e continui a versare la quota parte che davano alla Comunità europea così da permettere agli inglesi di continuare a presentare le domande, ma può essere che la risposta di Bruxelles sia che i ricercatori inglesi - e quindi anche quelli che lavorano qui - non potranno più concorrere per i fondi europei. Questo renderà più difficile una competizione interna che era già diventata più dura negli ultimi 3-4 anni", ipotizza lo scienziato. "Ovvio che i contratti in corso saranno onorati", puntualizza. "Ma in futuro fondamentalmente nessuno sa cosa accadrà, quali saranno le ripercussioni - a lungo termine certo, non domattina - e ovviamente tutti gli stranieri cominciano a guardarsi intorno".

"

. Non sappiamo neanche se ci stiamo preoccupando in modo eccessivo - prosegue Cossu - ma le premesse giustificano questo. Poi magari ci sbagliamo e non succede niente". Dei segnali però ci sono già. "Ad esempio - racconta lo scienziato - una persona che doveva venire dall'Italia a lavorare con me qui a Manchester mi ha scritto chiedendomi se sarà ancora possibile, se in futuro sarà necessario un visto e quale. Chi lo sa? Sono le domande che mi faccio anche io, ma che non hanno risposta per ora".

In questo momento "noi

, però purtroppo neanche in Inghilterra sono gli scienziati a decidere le sorti del paese e della scienza". E poi c'è il principio della libera circolazione dei pazienti: "Vedremo come il tutto verrà rivisto. I trial clinici che arruolano malati in Europa continueranno presumibilmente come prima, ma l'idea che un cittadino italiano vada a curarsi in Inghilterra probabilmente no, probabilmente ci sarà una trattativa complicata fra i Paesi. Non so prevedere". Quanto al suo futuro in Gb, Cossu risponde: "

. Ma non so ancora cosa farò 'da grande'".

Spiazzata anche la

: è "una

". Le

della Brexit, spiega all'AdnKronos Salute, "le capiremo cammin facendo. Ma

".

 


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