Farmaceutica, fino a 4,5 mld in più con fondi pubblici come altri Paesi Ue
Farmaceutica, fino a 4,5 mld in più con fondi pubblici come altri Paesi Ue

Se la quota della farmaceutica sul finanziamento sanitario pubblico fosse uniformata a quella di Francia, Germania e Spagna si avrebbero più risorse per 1,6, 2,1 e 4,5 miliardi di euro 

Solo nel 2015, la spesa farmaceutica (territoriale e ospedaliera) in Italia ha superato la copertura prevista dall'attuale sistema dei tetti per circa 1,8 miliardi di euro, e anche in confronto ai principali Paesi europei questa voce di spesa pubblica in Italia sembra essere sotto finanziata. Secondo nuove stime, se la quota della farmaceutica sul finanziamento sanitario pubblico fosse uniformata a quella di Francia, Germania e Spagna si avrebbero più risorse rispettivamente per 1,6, 2,1 e 4,5 miliardi di euro. A presentarle I-Com, Istituto per la Competitività, che ha presentato oggi a Roma il report: 'La riforma della governance farmaceutica: da una visione a silos a una olistica della spesa sanitaria' a un convegno organizzato con il contributo non condizionante di AbbVie, Bayer, Biogen, Bms, Fondazione Msd, Janssen, Eli Lilly, Roche, Sanofi, Sanofi Genzyme e Servier.

"Dinanzi a un meccanismo del genere e a un finanziamento pubblico insufficiente - ha dichiarato l'economista sanitario Davide Integlia, direttore Area Innovazione I-Com - è necessaria una nuova governance del farmaco, per la quale bisogna innanzitutto superare la logica dei silos. La riforma dovrà necessariamente prevedere la combinazione di diverse misure di regolamentazione, per aggiungere risorse all'assistenza farmaceutica e usarle in maniera efficiente attraverso l'implementazione di un sistema di valutazione dell'impatto dell'innovazione che analizzi i costi e le conseguenze del recepimento di nuovi prodotti. Esso deve poi costituire un benchmark per tutti i livelli di governo della spesa sanitaria, quello centrale e quelli regionali". Nel report, I-Com ha analizzato alcune misure fiscali ad hoc che potrebbero colmare il gap attualmente esistente.

In particolare, l'imposizione di una tassa di scopo per coprire la spesa dei farmaci più innovativi, ad esempio quelli contro il cancro. Si genererebbe, così un aumento annuale di 714 milioni di risorse aggiuntive a cui andrebbero sommate quelle provenienti da una percentuale dell'incremento del finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale legato alle previsioni di crescita economica 2016-2019. In questo secondo caso, la devoluzione del 14,85%, del 25% e del 50% della crescita del Fondo alla copertura farmaceutica porterebbe a una copertura aggiuntiva progressivamente in aumento fino al 2019.

Una terzo strumento è quello del delisting di farmaci a basso costo, da abbinare, per pazienti non cronici o gravi, a un miglioramento della cultura dell'automedicazione che è propria di molti paesi dell'Ue. Secondo le stime di I-Com, tale misura potrebbe comportare la possibile riallocazione di 4,19 miliardi di euro annui, provenienti dai risparmi che si genererebbero sulla spesa privata, e 774 milioni di euro annui che si genererebbero invece dalla spesa pubblica. La sola imposizione della tassa di scopo, insieme alle risorse provenienti dal delisting, potrebbe portare quindi a circa 1,5 miliardi di euro aggiuntivi in ciascun anno.

Incrementare, dunque, l'utilizzo dei farmaci senza ricetta, riprendendo il tasso di crescita osservato in Italia fino al 2008, appare auspicabile per consentire un notevole risparmio ma anche per migliorare la qualità delle terapie ad oggi offerte in Italia.

"Sarebbe poi necessario abolire il pay back - ha aggiunto Stefano da Empoli, presidente di I-Com - una tassa 'occulta' sull’innovazione, che mette a rischio l'accesso alle nuove cure per i pazienti nei nostri ospedali e rende meno conveniente investire nel nostro Paese, per le multinazionali che puntano soprattutto su ricerca e sviluppo di nuovi farmaci. Il settore farmaceutico è uno dei più produttivi per la competitività del nostro Paese e ricopre un ruolo socio-economico che non si esaurisce nel benessere collettivo ma produce importanti ricadute nel bilancio dello Stato. Per questo - ha concluso da Empoli - se l'Italia vuole rimanere a pieno titolo tra le principali potenze economiche mondiali, bisogna accelerare i tempi di sviluppo di una nuova governance".

 


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