Malattie rare: almeno 200 bebè l'anno con lisosomiali, primo progetto screening (2)

Per esperti 'nodo' economico falso problema, centralizzare competenze e basta precariato 

(Adnkronos Salute) - Le 3 patologie lisosomiali scelte per il progetto toscano "rispondono ai requisiti richiesti per l'ammissibilità di una malattia allo screening neonatale", precisa Donati. Uno su tutti, "l'esistenza di una terapia". Poiché però le indagini sui bebè permettono di individuare anche forme patologiche, che magari compariranno solo più avanti negli anni, "fare diagnosi sui neonati non significa necessariamente trattarli subito - puntualizza l'esperta - bensì inserirli in un programma di monitoraggio, seguirli e capire se e quando iniziare la terapia" coperta da un Servizio sanitario nazionale sempre più alle prese con esigenze di sostenibilità della spesa. "Quando però si parla di costi - evidenzia la specialista - bisognerebbe anche chiedersi quali sono le spese causate da una diagnosi tardiva", sia per il paziente e la sua famiglia (complicanze, ridotta qualità della vita, giornate di lavoro perse), sia per il sistema stesso (costi diretti, indiretti e intangibili).

"Il centro di Torino - ricorda Spada - è stato il primo al mondo a dimostrare, in uno studio pubblicato nel 2006 sull'American Journal of Human Genetics, la fattibilità dello screening neonatale sulle malattie da accumulo lisosomiale. Siamo stati apripista e quindi ci tengo a dire che quello del risparmio, per come spesso viene posto, è un falso problema. Prima o poi questi pazienti verranno diagnosticati, e se esiste una terapia andrà somministrata e rimborsata. Ma farlo in ritardo significa moltiplicare i costi medici, sanitari e sociali".

Per i due esperti, dunque, una razionalizzazione intelligente passa piuttosto dalla "centralizzazione degli screening in una rete di centri specializzati, in Italia non più di 8-10, che servano grandi bacini d'utenza appoggiandosi a strutture minori periferiche". Inoltre, "è sbagliato pensare che programmare uno screening neonatale voglia dire soltanto acquistare un'apparecchiatura: serve un sistema complesso, fatto di macchine ma soprattutto di persone". Afferma Spada: "Quello che l'autorità legislativa deve comprendere è che si tratta di formare, e di stabilizzare dal punto di vista delle garanzia lavorative, una nuova generazione di pediatri metabolisti che possano prendersi carico del follow-up e dell'assistenza di questi pazienti. Basterebbero 3 giovani in più per ognuno dei 10 centri di riferimento da valorizzare sul territorio nazionale, che non vivano però di borse di studio e precariato. Trenta assunzioni nel Paese - conclude - mi sembra possano essere una spesa sostenibile per un Ssn come il nostro. Ne guadagnerebbero i malati".

 


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