Staminali, scoperta italiana fa luce su differenze cellule 'bambine' del cervello
Staminali, scoperta italiana fa luce su differenze cellule 'bambine' del cervello

Lavoro pubblicato su 'Scientific Reports' coordinato dal neurologo Vincenzo Silani, direttore UO di Neurologia-Stroke Unit e Laboratorio di Neuroscienze presso l'Irccs Istituto Auxologico Italiano 

Cellule 'bambine' ma non tutte uguali. Attraverso una sofisticata analisi, basata sulla risonanza magnetica nucleare dei metaboliti cellulari (metabolomica), sono infatti state evidenziate le sottili ma specifiche differenze che permettono di caratterizzare le cellule staminali cerebrali differenziandole in funzione dell'età. La terapia cellulare con staminali richiede che le cellule presentino precisi e specifici biomarcatori per escludere contaminazioni con altre cellule più differenziate, capaci di ridurre l’efficacia dell’ intervento terapeutico. Questi biomarcatori permettono di isolare esclusivamente le staminali e devono essere utilizzati nel processo di produzione per ottenere preparazioni pure e standardizzate.

Il lavoro italiano, pubblicato su 'Scientific Reports', è stato coordinato dal neurologo Vincenzo Silani - direttore UO di Neurologia-Stroke Unit e Laboratorio di Neuroscienze presso l'Irccs Istituto Auxologico Italiano - Centro Dino Ferrari dell'Università degli Studi di Milano - e da Andrea Mele e Davide Moscatelli del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica Giulio Natta del Politecnico di Milano. Per la prima volta nella pubblicazione sono state comparate diverse cellule staminali cerebrali dimostrando che il loro corredo di metaboliti è specifico, permettendone quindi l’identificazione e caratterizzazione differenziale.

"Si è inoltre verificato che nelle cellule staminali cerebrali a diverse età - afferma Vincenzo Silani - le peculiarità metaboliche sono correlate alla loro funzionalità, si manifestano precocemente e tali caratteristiche delle cellule staminali permangono anche dopo il loro isolamento dal tessuto cerebrale di origine. I metaboliti rivestono anche un ruolo fondamentale per la proliferazione delle staminali e la rigenerazione neuronale, quindi il loro mantenimento ottimale si riflette sul corretto funzionamento dell’intero organismo".

La conoscenza della composizione metabolica caratterizzante le cellule staminali cerebrali è pertanto fondamentale per definire e comparare i cambiamenti patologici indotti dall’età o dalle malattie neurodegenerative, ed avrà un impatto clinico notevole sia sulla ricerca di base che sulla creazione di nuovi famaci o approcci terapeutici. Il lavoro deriva da una stretta collaborazione tra gruppi di ricerca italiani ed europei, uniti per affrontare lo studio dei sistemi biologici da un punto di vista interdisciplinare.

Per evidenziare le sottili differenze tra le diverse cellule staminali cerebrali, a partire dall’embrione fino alla vita adulta, è stato necessario integrare le specifiche competenze di biologia, chimica-fisica e biostatistica di gruppi afferenti a svariate Istituzioni leader nei rispettivi campi professionali (Irccs Istituto Auxologico Italiano, Politecnico di Milano, Cnr, Università di Genova e Politecnico Federale di Zurigo, Eth). "L’approccio metodologico - sottolinea Andrea Mele, responsabile del laboratorio di Risonanza Magnetica Nucleare del Politecnico di Milano - richiede una strumentazione di risonanza magnetica senza ulteriori modifiche complesse e una preparazione dei campioni molto semplice, facilmente utilizzabile in diversi Istituti, anche clinici".

"L’idea originale di comparare tramite risonanza magnetica diversi tipi di staminali cerebrali non distinguibili con altre metodologie classiche mi è venuta dal confronto con i professori Moscatelli e Mele, ma ha richiesto notevoli sforzi per sviluppare un linguaggio comune a partire dalle nostre diverse formazioni e professionalità", spiega Lidia Cova, esperta in staminali dell'Auxologico come Patrizia Bossolasco. "Lo studio dei metaboliti nelle staminali cerebrali - conclude Silani - apre nuove prospettive terapeutiche per sfruttarne ulteriormente il loro potenziale curativo di contrasto dei processi di invecchiamento e di degenerazione".

 


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