Tumori, salgono a 167 varianti genetiche cancro seno, obiettivo test unico
Tumori, salgono a 167 varianti genetiche cancro seno, obiettivo test unico

Nuovi geni imputati svelati su 'Nature', scienziati Int-Ieo-Ifom Milano nel team 

Non solo 'geni Jolie'. Due studi pubblicati su 'Nature' e 'Nature Genetics' - lavori internazionali guidati dall'università inglese di Cambridge, che vedono l'Italia protagonista con Int, Ieo e Ifom di Milano - svelano infatti nuove varianti genetiche associate al rischio di ammalarsi di cancro al seno. Il totale di quelle comuni note finora sale così a 167, incluse 125 varianti specificamente associate ai cosiddetti tumori Er-negativi.

I ricercatori hanno analizzato il Dna di oltre 137 mila donne colpite da carcinoma mammario, di 18.900 portatrici di mutazioni nel 'gene Jolie' Brca1 e di più di 119 mila donne sane. I campioni e i dati clinici sono stati raccolti in gran parte dal consorzio internazionale Bcac (Breast Cancer Association Consortium), capitanato da Douglas Easton dell'ateneo di Cambridge. All'impresa del Bcac ha contribuito il Milan Breast Cancer Study Group (Mbcsg) coordinato da Paolo Radice e Siranoush Manoukian dell'Istituto nazionale tumori, Bernardo Bonanni dell'Istituto europeo di oncologia e Paolo Peterlongo dell'Istituto Firc di oncologia molecolare, anche grazie al contributo dell'Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro.

"In pratica - spiega Peterlongo - questi studi fanno intravedere la possibilità futura di condurre test basati sulla tipizzazione simultanea di tutte le varianti comuni di rischio di carcinoma mammario e ovarico. Modelli teorici suggeriscono infatti che il cosiddetto Prs (Polygenic Risk Score o punteggio di rischio poligenico), un valore calcolato in base al numero di varianti simultaneamente presenti in un individuo, potrebbe essere utilizzato come fattore predittivo del rischio di sviluppare cancro al seno".

E' noto da tempo che le mutazioni nei geni Brca - ribattezzati dalle cronache geni Jolie dopo la scelta dell'attrice hollywoodiana di ricorrere all'asportazione preventiva di seno e ovaie - sono associate a un elevato rischio di cancro, ricordano gli scienziati italiani. In particolare, le donne portatrici di mutazioni patogeniche nei geni Brca1 e Brca2 hanno una probabilità di circa il 60% di ammalarsi di tumore al seno entro i 70 anni, e un rischio di sviluppare un cancro ovarico entro la stessa età attorno al 40% in caso di mutazione in Brca1 e al 20% con mutazione in Brca2. Nelle donne della popolazione generale, invece, il pericolo di sviluppare un carcinoma mammario e un carcinoma ovarico è pari a circa il 12% e a circa l'1,5% rispettivamente.

Recentemente sono stati identificati altri possibili geni associati alla predisposizione ereditaria al carcinoma mammario, come ad esempio Palb2 le cui mutazioni in uno studio preliminare sembrerebbero conferire un rischio di ammalarsi paragonabile a quello delle mutazioni in Brca2. Tali osservazioni - precisano tuttavia i ricercatori - necessitano di ulteriori validazioni, in corso grazie a diversi progetti di ricerca presso i maggiori centri di ricerca in Italia e all'estero.

Più in generale - proseguono da Int, Ieo e Ifom - negli ultimi anni è stato dimostrato che esistono diverse decine di varianti genetiche di predisposizione ai tumori di seno e ovaio, oltre alle mutazioni Brca. Al contrario di queste ultime che sono rare e ad alto rischio, le altre varianti sono relativamente comuni nella popolazione generale e sono associate a un basso rischio. Però, quando presenti in combinazione tra loro nella stessa donna, anche queste varianti potrebbero determinare una maggiore suscettibilità, tale da giustificare interventi clinici specifici.

"Queste osservazioni - commenta Radice - confermano che lo studio dei fattori genetici di predisposizione al cancro ha rilevanza non solo per un ristretto numero di famiglie ad alto rischio, ma anche per la popolazione generale. In futuro, infatti, la misura del Prs su vasta scala, insieme agli altri fattori di rischio già noti, potrebbe consentire di identificare le persone con maggiore propensione allo sviluppo di carcinoma mammario e ovarico. Questo, a sua volta, consentirebbe di condurre screening di prevenzione mirati in specifici sottogruppi della popolazione, migliorandone in questo modo l'efficienza. I medici e i ricercatori di Int, Ieo e Ifom sono da anni impegnati in questo importante settore dell'oncologia, con il sostegno delle rispettive direzioni".

Per Peterlongo "è verosimile immaginare un futuro in cui l'utilizzo di test basati sul Prs potrà influenzare le politiche nazionali sanitarie, al fine di offrire alle donne della popolazione generale e a quelle portatrici di mutazioni ad alto rischio percorsi clinici personalizzati". Secondo Manoukian, "dovrebbe comunque essere considerata la necessità di potenziare servizi di consulenza genetica qualificati che rendano possibile personalizzare le decisioni sulle strategie preventive da adottare. Tali politiche - avverte - potranno essere efficaci solo se garantiranno una reale presa in carico e un coinvolgimento delle donne, che le aiuti nella gestione del proprio rischio genetico".

"Per quanto riguarda l'alto rischio familiare - conclude Bonanni - queste nuove scoperte genetiche e la futura validazione e inserimento del Prs nella pratica clinica ci permetteranno un altro grande passo avanti nella profilazione sempre più accurata del rischio genetico, con la possibilità di calibrare davvero meglio le persone da studiare e le famiglie da seguire clinicamente nei centri specialistici".

 


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