Salute: per 50% malati artrite cure 'a singhiozzo' dopo primi 2 anni

Il reumatologo, in questo modo si rischiano disabilità, ictus e infarto 

Madrid, 13 giu. (Adnkronos Salute) - Cure ‘a singhiozzo’ per i malati di artrite reaumatoide. Ad interrompere i medicinali biologici o ad assumerli in modo discontinuo è un paziente su due, a due anni dall’inizio della terapia. Lo rivela una ricerca presentata oggi all’Eular 2013 in corso a Madrid da un team statunitense. “Perdita di efficacia, ma anche dubbi sulla sicurezza e preferenze personali, insieme alle difficoltà di accesso alla terapia, sono fra i motivi che spingono a un trattamento discontinuo”, spiega Vibeke Strand della Stanford University School of Medicine di Portola Valley, California.

“Ma questa malattia progressiva, se non trattata, può ridurre la mobilità del paziente, incidere sulla qualità della vita, con il rischio di una disabilità permanente”. Il lavoro ha coinvolto 6.209 pazienti adulti, seguiti dopo l’inizio della cura con medicinali biologici. “Chi si cura bene oltretutto è meno a rischio di infarto e ictus – sottolinea Maurizio Montecucco, direttore Reumatologia del San Matteo Università di Pavia – Ecco perché l’aderenza terapeutica è tanto importante. Dobbiamo parlare al malato dei farmaci in modo corretto e ‘tarare’ la terapia in modo tale che il paziente non ‘molli’”.

In questo senso una buona notizia arriva da uno studio internazionale presentato da AbbVie e condotto in centri Usa ed Europei su 395 pazienti. “E’ la dimostrazione in un trial clinico controllato del fatto che il metotrexate è un farmaco ‘ancòra’ per l’artrite reumatoide e aumenta l’efficacia dei biologici. Non solo, è stata individuata la dose minima di metotrexate che ottimizza la risposta clinica al biologico. In pratica l’asticella è fissata a 10 milligrammi: non scende l’efficacia rispetto a dosi più alte ma si riduce il farmaco somministrato. Questo ci aiuta ad adottare una strategia corretta e a minimizzare eventuali disturbi legati alla terapia”. Perché a stabilire “la bontà di un medicinale – conclude Montecucco – è anche il fatto che il paziente resti in terapia. L’obiettivo di oggi è il trattamento mirato e precoce, quello di domani capire quando e come sospendere i farmaci”.

 


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