La dottoressa stuprata, lo Stato non mi ha protetto
La dottoressa stuprata, lo Stato non mi ha protetto

Nel "tugurio" in cui lavorava "nonostante siano passati 60 giorni dalla mia aggressione, è ancora tutto come prima" 

"Stuprata dalle istituzioni". La frase di denuncia rimbalzata sui giornali Serafina Strano continua a ripeterla. La dottoressa di Trecastagni sequestrata e stuprata per ore durante il suo turno di lavoro alla guardia medica nella località del Catanese punta il dito non solo contro il suo aggressore, già nelle mani della giustizia, ma contro le istituzioni, la politica, lo Stato, l'Asp che "avrebbe dovuto intervenire e che invece mi ha lasciato sola", dice. "Diciamoci la verità, la politica se ne sta fregando. I dirigenti dell'Asp sono corresponsabili di quello che mi è successo, la magistratura dovrebbe intervenire anche nei loro confronti - afferma - Loro mi hanno esposto a tutto questo. Quello che mi è capitato è successo solo perché il mio datore di lavoro, lo Stato, non mi ha protetto in maniera adeguata".

Un "tugurio", la guardia medica in cui lavorava, dove "oggi, nonostante siano passati 60 giorni dalla mia aggressione, è ancora tutto come prima. Non si è fatto nulla. La ministra Lorenzin (anche lei fra quelle accusate di averla abbandonata, ndr) dice che andava tutto bene, ma di sicuro in quel posto non c'è nulla. Le porte blindate sono montate su pareti di cartongesso, le telecamere sono a circuito chiuso, il telefono e il famoso 'pulsante di sicurezza' sono di quelli acquistabili su Internet che il mio aggressore ha potuto disattivare semplicemente tirando i cavi. L'Asp ha speso 400 mila euro in queste cose, è spreco di soldi pubblici".

Da ridire anche sull'ispezione inviata dal ministero, "annunciata" e "quindi priva di qualunque valenza". "La mia battaglia - dichiara all'AdnKronos - è perché come donna e come medico non posso accettare che si continui a lavorare in queste condizioni. La mia speranza è che si possa davvero cambiare qualcosa e che la mia storia possa essere un esempio per tutte le donne".

La dottoressa Strano in questa vicenda ci ha messo la faccia sin da subito. Nome e cognome per denunciare l'incubo di quella notte. "La presidente della Camera Laura Boldrini è stata l'unica ad essermi vicina, mi ha incoraggiato subito a uscire allo scoperto, a raccontare". A differenza, sostiene il medico, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi "che è stata per il G7 delle Pari opportunità a Taormina, 30 chilometri di distanza dal luogo in cui sono stata aggredita, e non ha pensato neanche di contattarmi. Non voleva strumentalizzare la situazione, mi ha detto dopo. Politichese".

Sabato 25 novembre la dottoressa di Trecastagni sarà a Montecitorio per la Giornata mondiale contro la violenza. Per la prima volta mostrerà pubblicamente il suo volto. La sua storia come testimonianza "per affermare con forza che chi è vittima di violenze sessuali non deve provare vergogna - ammonisce - e questa è la prima cosa che dobbiamo insegnare alle vittime". Raccontare "mi è costato caro - ammette - Costa a me, alla mia famiglia. Non è stato facile e continua a non esserlo. Ma ne vale la pena proprio per dare una dimostrazione palese che le vittime non possono e non devono avere vergogna. Io voglio giustizia".

Una battaglia che richiede "tanta forza, non coraggio - precisa Strano - Una forza che ti viene dalla rabbia, dall'aver vissuto momenti in cui pensi di non sopravvivere e che poi viene alimentate da alcune risposte che ricevi, come quella della Lorenzin". A darle la forza sono anche le sue due figlie femmine e suo marito. "Alle mie figlie non ho dovuto raccontare praticamente nulla, era tutto sui giornali. Ma loro l'hanno vissuta abbastanza bene e credo che dipenda - conclude - dal fatto che mi hanno vista così battagliera nell'affrontare quello che mi è successo".

 


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